Probabilmente questa è la più banale delle domande che vi siete posti o che vi hanno rivolto, ovviamente riguardo al gioco che catalizza la nostra passione.
Ebbene, forse non è questo l’angolo giusto del forum dove parlare di questo, ma essendo un argomento “in generale” su Magic, eccomi qui a condividere con voi questo pensiero.
Parlavo con mia moglie.
Mi ha fatto notare come, nel periodo precedente al nostro matrimonio, Magic fosse un argomento che non avevo mai nominato, mente ora salta fuori la partitella con gli amici, la carta “giusta” per quel vecchio mazzo che non ho mai realizzato ed altre amenità simili.
Mi sono fermato un attimo a riflettere su cosa mi abbia portato, ora che sono nella “metà sbagliata” dei trent’anni, ad essere ancora abbarbicato ad un gioco che iniziai quando di anni ne avevo appena tredici, e come mai non ne avessi mai fatto menzione con mia moglie in quei delicati anni della nostra prima conoscenza.
Ecco, in parte fu per la tacita regola che così recita:
“Il nerd e le sue passioni sono asintotiche alle ragazze”.
(Corollario: una rara foil non è mai il regalo giusto, a San Valentino)
Complice il fatto che, tolto il fatto di essere nerd non sembro affatto un nerd, ho evitato di portare la mia (all’epoca) ragazza e (oggi) moglie ad uno di quei ritrovi mondani da red carpet che noi chiamiamo Fraidei Nait Megic.
Superato lo scoglio della “timidezza da giocatore medio”, che detta così sembra che il campione dello scorso pro-tour attiri più ragazze di Di Caprio, ho iniziato ad analizzare la situazione da un’altro punto di vista, in vista di Magic Origin sono tornato anche io alle origini, cercando di capire cosa di questo gioco mi avesse fatto innamorare tanti anni fa.
Il “passato remoto” è obbligatorio: aggiungetelo dove manca.
Obbligatorio perché quando ho iniziato a giocare io, la serie era “quella base bordo bianco”, per differenziarla da “Origini” ed “Oscurità” che erano a bordo nero.
Una ragazza di pressapoco la mia età oggi (leggasi mia madre) si recò in un negozio di fumetti, perché suo figlio (leggasi io) era stato promosso agli esami di terza media, e meritava un regalo; suggerimento: ha letto un libro pieno di maghi e gli è piaciuto.
Il negoziante le consigliò questo gioco nuovo, tale “Magic, l’adunanza” (si, all’epoca c’era scritto così, ed io ancora oggi lo chiamo così).
Un mazzo che a quei tempi veniva definito “da torneo” e comprendeva solo carte a casaccio.
Esatto, niente event deck e niente clash pack: la vita era un eterno draft, e se proprio non draftavi, quantomeno era un sealed deck.
Prime rare passate nelle mani:
Mutaforme vesuvano
Isola vulcanica.
Di quest’ultima ebbi subito il sospetto fosse una carta “grossa”: me la chiedevano tutti.
Esatto: tutti.
Internet era un posto proibito dove vedere .jpeg zozzi, visto che la connessione era troppo lenta per permetterti i video.
Di conseguenza, non ci si andava certo ad informare in sul web.
Fu l’eccesso di offerta a mettermi in allerta.
Cose tipo:
“Mah, è solo una terra! Prendi questo potentissimo Wurm Devastatore, che ti fa vincere le partite!”
Ringrazio mia madre.
La ringrazio perché in virtù del suo carattere leggermente autoritario la mia risposta media era “Se mia madre scopre che ho scambiato una carta, mi taglia e mi fa ingoiare ciò che mi separa dall’essere la sua adorata figlia”.
Ovviamente edulcorata dal candore di un tredicenne di allora.
Giocai a Magic con mazzi tranquillamente casuali per tanto tempo. Per intenderci, mazzi da 130 carte perché non sapevo cosa togliere, il mazzo era “mono bianco” se era solo bianco, e “Verde rosso” se era verde e rosso.
Parliamoci chiaro: UB, BUG e tutto il resto erano lontani nel tempo. Figuriamoci se non lo erano parole criptiche quali “Selesnya” “Boros” ed i più recenti “Grixis” o degli ultimi “Temur” e bella cricca. Una cricca qualsiasi, non quella Vendilion.
Il vero colpo di fulmine furono i fumetti, però. Quel “Origini” disegnato da Rebecca Guay lo conservo ancora. Ed ancora oggi penso che nulla superi in bellezza la storia di Feroz e Serra. Ho un figlio, e quella è la sua favola preferita.
Cinque anni dopo, servizio militare; regione Marche, un mondo nuovo.
Scopro che si gioca anche nei negozi; mi procuro per un prezzo schifosamente ingiusto un mazzo terribilmente scarso.
Vorrei recuperare la mia collezione nei luoghi della mia terra natia (Toronto, con le “a” dove servono) ma le licenze sono poche, anzi, meno di poche.
Passerò tutto il periodo del militare (2 anni) perdendo di continuo e vincendo solo le partite giocate contro un amico immaginario. Solo quando l’amico immaginario era distratto.
La passione però non cede.
Finito il militare mi darò alla cantieristica navale, spostandomi prima a Venezia (unico luogo dove le carte non mi hanno seguito) e poi a Roma.
Roma Capitale, ragazzo con indipendenza economica e che vive da solo, 23 anni.
Capirete bene che si trattava di una miscela esplosiva che nella vita capita esclusivamente quando hai 23 anni, uno stipendio e vivi lontano da casa.
Il tasso alcolemico nel mio sangue superò il valore delle piastrine. Smisi di fumare, perché se mi fossi bruciato con una sigaretta, non mi avrebbero spento nemmeno i pompieri.
Su via dei Durantini trovai un negozio dove si giocava parecchio, e parecchio sul serio.
Il proprietario un tizio simpaticissimo che mi ricordava troppo da vicino Dario Vergassola, per non andare a regalargli il quinto dello stipendio.
Ricaddi nella trappola: la mia vita era una dicotomia di Donne e Magic.
Infatti, solo l’universo femminile (magico, affascinante e misterioso) riusciva a staccarmi da quello di Magic (Magico, affascinante e misterioso).
In quegli anni ero ancora un casual gamer, che però iniziava a vantare una certa “stoffa da collezionista”, Internet e le riviste di settore c’erano, ero un giovane uomo felice ed informato.
La parentesi capitolina durò meno di un anno: impegni famigliari mi richiamarono a Toronto (mettete le “a” dove sono necessarie) e l’anno dopo presi a lavorare nella stessa azienda dove sono impiegato tutt’ora.
Magic si ridusse ad un piccolo hobby collezionistico che coltivavo per i fatti miei, spendendo in negozio quando mi trovavo in giro, e sopperendo con le buste prese in edicola (giusto di un set indietro) quando gli impegni del nuovo lavoro me lo impedivano.
Andò avanti così per un po’ di anni.
Infatti, in quegli anni nessuno sospettava che dietro il barbuto motociclista e judoka, serio professionista che ero, si celasse un piccolo nerd.
Ma il nerd interiore sopravvive sempre.
Sempre.
O quasi.
Arrivò Lorwyn.
Fu come una tempesta funesta nel cielo sereno della mia infanzia.
Una mareggiata rossa di sangue nella baia tranquilla dei miei ricordi.
Il mio mondo di Magic, popolato di bestie mitologiche e fantastiche, di Draghi e Cavalieri, di Angeli e Vampiri, venne improvvisamente invaso da biscottini bianchi tutti pucciosi, elfi cornuti, cangianti che ancora oggi li stimo per il ribrezzo che mi hanno causato.
Ci sono due modi di giocare a Magic:
Puoi pensarlo come un gioco di magia dove evochi grandi poteri, e perdere.
Puoi capire che è un gioco di strategia e matematica, e vincere.
Con Lorwyn, avrei potuto affezionarmi agli igniferi.
Ma il complesso della storia mi stava troppo antipatico, grazie Wizard.
Magic nel dimenticatoio, parcheggiato senza speranza di una rivalutazione.
Se Lorwyn fu un tentativo (sicuramente riuscito, checché se ne dica, alla wizard hanno ottimi marketer) di far avvicinare nuovi giocatori al più famoso Trading Card Game del mondo, fu altrettanto vero che ne persero uno: io.
Sono passati anni anche da allora.
E’ arrivato il modern, l’extended non so che fine abbia fatto.
C’è Cockatrice, così puoi provare il tuo mazzo prima di montarlo; lo potevi fare anche anni fa, usando le proxy o mettendo dei bigliettini in un mazzo imbustato contenente solo terre.
Poi è arrivato il matrimonio, un figlio, ed una moglie troppo comprensiva.
Ad uno degli ultimi periodi di Natale, cercando un regalo da fare ad un marito non troppo attaccato alle cose mondane, commise l’errore di porre un box di Theros sotto l’albero.
Era là, il mio nerd interiore e la mia scimmia da gioco. Il mio amico immaginario di mille partite.
Spero di non avervi annoiato con la mia “vita da casual gamer” riassunta in questo spazio.
Ma per condividere con voi la mia risposta sul “perché amo magic”:
Amo questo gioco perché mi ha fatto sognare da ragazzino, mi ha tenuto compagnia in maniera “tascabile” quando sono stato lontano da casa, mi ha fatto conoscere bella gente in giro per l’Italia, mi ha riallacciato a vecchie abitudini quando, ancora oggi, ci si trova in un gruppo di trentacinquenni a fare lo stesso gioco che facevamo nella metà degli anni novanta.
E sulle spese, beh.... Sono più contento di devolvere soldi al vizio di Magic ed alla Wizard, che non al tabacco ed al monopolio di stato.
Almeno ci guadagno in divertimento e salute.
A voi, amici Magic(osi), perché amate Magic?